La parola guerra.
Non riesco ad aggiungere una parola.
Guerra. E’ stato definitivamente archiviato il caso di Emanuele Scieri, il giovane paracadutista siciliano morto due anni fa in circostanze misteriose in caserma, forse per nonnismo. Il giudice ha espresso il suo rammarico per non aver potuto scoprire la verita’: “Non credo che la morte di Scieri sia accidentale. Ma questa e’ una mia opinione personale. Ora debbono parlare le carte”. L’inchiesta, ha aggiunto il magistrato, e’ stata fermata da “oggettive carenze investigative che non ci consentono di pronunciarci in un modo o nell’altro”. Fra i commilitoni di Scieri l’omerta’ e’ stata praticamente totale.
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“L’Italia e’ pronta a partecipare alle operazioni militari…”. E’ auspicabile che le operazioni cui dovranno partecipare le forze armate italiane abbiano sempre un carettere prevalentemente logistico e di supporto. E’ auspicabile che abbiano sempre un carattere “di polizia” e non di vera e propria guerra fra eserciti pari, e che le nostre forze armate debbano affrontare limitate resistenze locali e non offensive e controffensive su vasta scala. E’ infine auspicabile (soprattutto) che tutte queste operazioni si svolgano sempre in paesi lontani e non ai confini della patria, con l’integrita’ del Paese direttamente correlata al successo delle operazioni militari.
Tutto cio’ auspicato, c’e’ da dire che si tratta di auspici molto fragili. Prima o poi, nel corso di questa generazione o della successiva, non e’ affatto da escludere che una guerra convenzionale scoppi nel mondo, nella nostra di mondo in cui i nostri interessi sono vitali. E che in questo caso alle nostre forze armate verrebbe richiesta non l’azione brillante e “professionale” (a cui sono orientate oggi) ma la guerra di fango e logoramento, contro un nemico piu’ o meno pari. La guerra vera, insomma.
Sono le nostre forze armate preparate oggi ad affrontare una situazione del genere? Sull’aspetto tecnico non mi pronuncio. Su quello pscicologico e “culturale” ho i miei dubbi. Gli episodi di indisciplina, spesso ai danni di civili, fra le truppe italiane all’estero non son stati pochi in questi anni. Somalia, Mozambico, ultimamente Macedonia – tanti piccoli casi limitati e “individuali”, spesso legati al tempo libero dei militari, che nel complesso dimostrano pero’ una cosa precisa: nell’esercito italiano, in un certo numero di situazioni, c’e’ uno scarso controllo della truppa da parte degli ufficiali. Nelle “operazioni di polizia” non ha importanza. In una guerra vera metterebbe in pericolo il Paese.
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L’esercito italiano possiede tradizioni encomiabili sul piano della risposta “di base” all’emergenza. Esso non ha mai brillato per la qualita’ dei comandanti (si pensi all’otto settembre…), ma puo’ vantare episodi di tenuta saldissima da parte della truppa. Gli alpini nella ritirata di Russia, i soldati di Cefalonia, i granatieri a Porta San Paolo, sono tutti esempi di questa tenuta: in condizioni disperate, malissimo armati, con le comunicazioni e la catena di comando in pezzi, i nostri militari sono rimasti aggregati, hanno costituito punti di resistenza e hanno tenuto duro, finche’ e’ stato possibile, contro il nemico. Questo spirito di resistenza individuale e’ stato spesso tipico (insieme al ribrezzo per le atrocita’) del soldato italiano; e possiamo esserne orgogliosi, almeno per il passato.
Quanto alla Folgore, che adesso e’ un corpo – come si dice – d’elite e molto propagandato, non era affatto d’elite quand’era la Folgore vera. La Folgore, nel Quarantadue, era un reparto arruolato in fretta (mio padre, sorridendo: “Qualcuno veniva dai riformatori”), addestrato alla meglio e spedito nel deserto, teoricamente come paracadutisti ma in pratica come fanteria leggera, senza armi pesanti.
Laggiu’, questi ragazzi non fecero molti alzabandiera, grida di “Folgore!” e scenografia truculenta (quella si fa in tempo di pace, al sicuro). Fecero quel che ha sempre fatto tutta la buona fanteria di questo mondo, e cioe’ si schierarono sulle posizioni assegnate e si prepararono a difenderle con i mezzi che avevano. In particolare, mancando quasi del tutto i cannoni anticarro (i 47 italiani d’altronde erano “anticarro fino a un certo punto”), usarono bottiglie molotov per contenere gli attacchi dei corazzati nemici. Ad Alamein si sacrificarono fin quasi all’ultimo, senza tante parole e senza eroiche canzoni. Furono comandati di tenere una posizione espostissima, mandati consapevolmente come carne da cannone (il comando tedesco di solito affidava questo ruolo alla fanteria italiana) ad assorbire per qualche tempo l’attacco dell’avversario; essi non solo lo contennero ma addirittura, nel loro settore, lo respinsero del tutto anche se alla fine solo un velo di uomini vivi difendeva ancora la linea italiana. Churchill, alla Camera dei Comuni, rese pubblicamente omaggio al loro valore.
La Folgore di oggi e’ un’altra cosa. Si e’ parlato di scioglierla, in passato, a seguito di vari episodi. Io non vorrei affatto che fosse sciolta. Vorrei semplicemente che le fosse cambiato il nome, per rispetto alla Folgore vera. Non per le torture in Somalia o l’imbecille libretto del colonnello: quelle sono cose cui si potrebbe ovviare con una buona pulizia (che non e’ stata fatta). Ma proprio per la storia di Scieri. In guerra, il primo comandamento di un soldato e’ di non lasciar mai abbandonato un compagno ferito. Ma in quella caserma, Emanuele Scieri ha agonizzato da solo.
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Riporto una lettera (novembre 99) ricevuta poco dopo la sua morte da un amico di Emanuele.
<A proposito di Emanuele Scieri il para’ morto nella caserma amerra di Pisa, lo conosco da quando avevo sei anni e la mia famiglia ando’ a vivere nello stesso condominio di Emanuele, io sono nato a Siracusa e ci sono rimasto fino alla fine del liceo dove tra l’altro andava anche Emanuele, che dire… praticamente lo conoscevo da sempre e quando ho sentito la notizia per radio quest’estate ero in vacanza a Marzamemi, mi sono caduti i coglioni per terra, mi fa piacere che tu abbia fatto girare quel trafiletto su come la stampa ufficiale se ne fotta dopo tutto quel bordello iniziale.
Sono contento anche perche’ la stampa ha detto che lui era cresciuto in un ambiente di destra, e tu a quanto pare te ne fotti di queste troiate, anche perche’ io che lo conoscevo, ti posso dire che di destra aveva solo il look, elegante… Da ragazzo aveva dei compagni di classe, che sicuramente non erano della sua stessa classe sociale, ma sai a quella eta’ per un ragazzo l’importante e’ non rimanere da soli e andare dove vanno gli amici, anche io all’epoca ero molto confuso e non capivo un cazzo ne’ di politica ne’ di altro. Siracusa per questo come citta’ ha molte responsabilita’. Un’ultima nota e chiudo, l’ultima volta che ho visto emanuele era dentro il centro sociale Auro e cercava Mussa’ un ragazzo senegalese per suonare i jambee>
Uncle Bingo Want You.
“Entra in Accademia e fai Bingo! L’Accademia del Bingo e’ la scuola di formazione professionale per i futuri operatori delle sale Bingo. La scuola organizza corsi avvalendosi di insegnanti qualificati che hanno lavorato nelle sale Bingo spagnole. Su tutto, la garanzia di Snai, leader europeo nel mercato dei giochi e delle scommesse” (Pubblicita’ sui giornali, firmata da: “Italia Lavora, Societa’ di fornitura di lavoro temporaneo. Gruppo Snai. Accademia del Bingo”)
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Cos’e’ una “marchetta”? Niente paura: in gergo giornalistico (un gergo un po’ bruto: figuratevi che il caporedattore, ad esempio, qui e’ un “culo di pietra”) e’ semplicemente un breve pezzo che parla di qualcuno (un poliziotto, un politico, ecc.) che in realta’ non ha fatto nulla di particolarmente eclatante ma che ogni tanto bisogna accarezzare un po’ perche’ ci passa qualche notizia, ci procura un po’ di pubblicita’ ecc. Esempio: “Brillante operazione dei carabinieri di Cuneo. La Squadra Operativa dei Carabinieri di Cuneo, al comando del maresciallo Egisto Manetta, ha arrestato ieri un pericoloso spacciatore trovato in possesso di 25 grammi di hascish avvolto in carta stagnola. Gia’ da tempo gli uomini del maresciallo Manetta tenevano d’occhio…
(omissis). Al maresciallo Manetta abbiamo chiesto… (omissis). Grazie all’acume del maresciallo Manetta… Eccetera”. Non so se vi siete fatti un’idea.
Ecco, sull’Unita’ del 15 c’era una “marchetta” (pagina 16, economia e lavoro; non so chi sia il caposervizio dell’economia all’Unita’; il pezzo comunque era purtroppoo firmato, dalla collega Mattucci). Niente di grave, naturalmente: le “marchette” debbono essere sempre veritiere e “professionali”, senno’ diventano un’altra cosa e l’etica si ribella. Questa era abbastanza ben fatta, senza troppe esagerazioni, un taglio basso a cinque colonne (“Da grande studiero’ al’Accaddemia del Bingo”) ne’ troppo sperduto ne’ troppo evidente. Cosa si studia all’accademia del bingo, e quant’e’ utile l’accademia del bingo per trovare lavoro, e l’utilita’ sociale del bingo, e i benefici che lo stato dal bingo ricava – tutto scritto pulitino, con simpatia evidente ma misurata.
Ecco: quando si parla di Bingo a me, che sono un vecchio compagno, viene gia’ da arrossire. Perche’ tutti sanno che i promotori, gli “industriali” diciamo cosi’ del bingo vengono esattamente da quella classe dirigente “postcomunista” che, ai tempi del Baffo, doveva rinnovare l’Italia, la sinistra, il Pds e chi piu’ ne ha piu’ ne metta.
Poi hanno cambiato idea, e da riformatori che erano sono diventati imprenditori. Ma non imprenditori della new economy, e nemmeno della old. No, imprenditori della tombola, coi fagioli elettronici e l’ambo e la quaterna e la cinquina: new frontier. Cosi’, ogni volta che sento la parola bingo, mi irrigidisco e sto in campana per tema che nei dintorni ci sia qualche maledetto fascista che mi sghignazzi: “Va bene, noi abbiamo venduto il culo a Berlusconi. Ma voi…”.
In piu’, c’e’ che “Italia Lavora” (ne abbiamo parlato altre volte) e’ una societa’ fondata e diretta, fra l’altro, da ex sindacalisti cigiellini. Ora, possiamo essere moderni quanto vogliamo ma fatto sta che una societa’ che vende lavoro interinale e’ semplicemente la versione moderna del caporalato. Ve lo ricordate Di Vittorio, col suo cappotto sempre lo stesso, che grida ai braccianti “Ribellatevi ai caporali?”. Bene, quella era la Cigielle. Se adesso quella brodaglia e’ obsoleta e vogliamo metterci a far cose moderne anche noi, niente in contrario, va bene: facciamo il traffico d’armi, o mettiamoci a spacciare droga, o facciamo un’Opa Telecom o che so io. Tutto quel che volete. Pero’ il caporalato no. Quello, se siamo stati compagni, proprio non lo possiamo fare.
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Sta saltando per aria mezzo mondo, i Bassotti fanno le leggi in parlamento, il Ds ribolle in un congresso di quelli che decidono la sinistra per vent’anni e tu ti metti a parlare di Bingo?
Appunto. Sarebbe il momento di pensare alle cose serie, di liberarsi dalla zavorra e di piantarla con la sinistra dei binghi. C’e’ bisogno di una sinistra, presto. Ora.
Notizia censurata. Da me, l’altra settimana. E’ quella dei genitori palermitani che sono insorti contro la presenza di alcuni piccoli Rom nella scuola, e hanno chiesto e ottenuto una classe speciale (“Altrimenti insegnano ai nostri figli a rubare”) dove chiudere a parte gli zingarelli.
Sarebbe bello se i razzisti fossero solo a Verona, se solo i ricchi fossero stronzi e se i poveri avessero sempre un cuore. Ma non e’ cosi’.
Francia. La gendarmeria di Lione ha catturato un piccione viaggiatore che trasportava un messaggio scritto in lingua araba. All’esame degli specialisti, il messaggio e’ risultato essere una formula scongiuratoria del tipo “Occhie malocchie e capodaglio”, pero’ in arabo. Non e’ tuttavia da escludere tuttavia che possa trattarsi dell’abile mascheramento di un messaggio in cifra. In attesa di ulteriori indagini, il pennuto e’ stato trattenuto dagli investigatori.
Londra. Continuano le indiscrezioni su un possibile matrimonio fra Carlo d’Inghilterra e la signora Camilla Parker. Secondo un tabloid, i due avrebbero gia’ programmato una luna di miele in Italia. La notizia e’ stata tolta dalla rubrica “Ecchisenefrega”, cui apparteneva di diritto, per una curiosita’: chi avra’, in Italia, l’onore di ospitare lo stagionato principe e signora? L’ultima volta che Carlo si e’ sposato, con la sfortunata Diana, ad ospitarlo e’ stato l’imprenditore siciliano Mario Ciancio, molto legato alla famiglia patrizia dei Paterno’-Castello, molto legati ai vertici della massoneria italiana; particolare importante, visto che il principe di Galles e’ istituzionalmente, fra l’altro, il capo supremo della massoneria britannica. Cosi’, se il comune di Catania dovesse costruire – a spese nostre, come l’altra volta – nuove strade per qualche tenuta di Ciancio, sapremmo: a) che il principe convolera’ a giuste nozze; b) che la massoneria conta ancora qualcosa in Italia.
Tunisia. Appena e’ arrivato, gli hanno dato un casco e un martello e l’hanno spedito su un ponteggio a fare il manovale. “Ma… ma io veramente ero venuto qui al villaggio turistico per il corso di vela!”. Niente da fare. Anche se sui depliant il particolare non era specificato, il villaggio turistico “Kebibia Beach” – Alpitour – e’ ancora in costruzione; e il venticinquenne romano Curzio Adriani, venuto a passare una vacanza al sole della Tunisia, ha dovuto dare il suo contributo come tutti gli altri.
Dopo qualche giorno ha chiesto al sorvegliante: “Posso smettere un momentino per far pipi’?”. “Vadi, vadi! Ma faccia presto, qui gli scansafatiche fanno poca strada!”. “Grazie, dottore, grazie! Oh, com’e’ buono, Lei!”. Nottetempo, profittando del buio, l’impiegato Adriani e’ evaso. Lo stanno ancora cercando coi cani.
Sergio wrote:
Qui comincia l'avventura
di Berlusca presidente
che s'e' preso un cazziaton
da Dabbliu' Busc in person.
"Ma sta' attento a quel che dici!
Con 'ste gaffe da coglion
mi fai gli arabi nemici
e restiam senza petrol".
Berluscon, mortificato:
"Certo, si', rimediero'!".
Ma in effetti e' preoccupato:
"Ed adesso cosa fo?".
Chiama il fido Emilio Fede:
"Vieni qua, dammi un consiglio!".
"Presidente, se lei crede
c'e l'avrei" dice il famiglio.
"Cosa faccio?". "Porti a pranzo
lo sceicco Mustafa':
di petrolio ne ha d'avanzo
lo convinca la per la'".
"Non so l'arabo!". "E che fa?
Lei sorrida e a ogni domanda
gli risponda un bel Salam".
"Fede, e' il cielo che ti manda!".
Quando arriva lo sceicco
ingrugnato anzicheno'
Berluscon salamelecca
e gli fa: "Salam! Salam!".
"Venga, venga, sciur sceicco!
Son devoto dell'Islam!
Lei ha il petrolio, io sono ricco:
un bel business? Salam!".
Lo sceicco sorridendo
fa: "Vedremo". Berluscon
sotto braccio se lo prende
e lo porta nel salon.
"Un bel pranzo all'italiana,
proprio quello che ci vuol!
Or faremo colazione,
parleremo di petrol!".
Quando portano il menu'
lo sceicco punta il dito:
"Cos'e' questo?". "Che gli dico?
Ah: salam, salam, salam!".
Lo sceicco imbufalito:
"Can d'un can d'un infedel!
Il salame a me e' proibito!
Tu mi prendi pei fondel!".
Bestemmiando in suo linguaggio
Mustafa' prende cappel
e incazzato per l'oltraggio
se ne parte via in cammel.
Il Berlusca sconsolato
resta solo nel salon.
"Il telefono ha suonato,
e' per Lei, da Uoscinton".
"Pronto?". "Sono il Presidente!
Quello vero! Gi Dabbliu'!".
"Eh?". "Imbecille! Incompetente!
Tu fai danno sempre piu'!".
"Scusi sa ma non sapevo...".
"Disgraziato! Sei un coglion!
Lo sceicco s'e' incazzato
non da' piu' manco un bidon!".
"Mi consenta...". "Facch'iu'!
Or mi paghi tu il petrolio!".
"Come?". "Vendi le tivvu'!".