a cura di Elio Camilleri
L’altra sera Giovanni ci ha invitato ad un concerto di musica siciliana ed io lo devo ringraziare perché ho scoperto il valore di una dimensione che avevo sempre trascurato.
Tra le bellissime canzoni e musiche eseguite dal Duo Triquetra una, in particolare, mi ha emozionato: quella di un anonimo, di sicuro catanese, che implorava S. Agata di far tramontare presto il sole, per spegnere una giornata massacrante, per uscire, almeno per qualche ora, dallo sfinimento quotidiano.
È un canto di lavoro, che tutti i contadini siciliani avrebbero potuto cantare nei secoli e nelle terre dei padroni, imprecando contro i privilegi e le prepotenze dei padroni delle terre.
Ecco il testo, volutamente senza traduzione, e il link per chi volesse sentire il canto nella struggente interpretazione di Rosa Balistreri:
Sant’Agata, ch’è àutu lu suli!
Fallu pi carità, fallu calari.
Tu non lu fari no pi lu patruni,
ma fallu pi li pòviri jurnatari.
Sìdici uri stari a l’abbuccuni,
li rini si li màngianu li cani;
iddu si vivi vinu a l’ammucciuni,
a nui nni duna l’acqua di vadduni
unni si tennu a moddu li liami.
Esprimo massimo rispetto per il sentire religioso degli umili e dei sin- ceri credenti che rifiutano la vergognosa accondiscendenza delle autorità “religiose” e “civili” alla prepotenza mafiosa.