a cura di Elio Camilleri
Numerosi cittadini catanesi parteciparono alla Resistenza, i più fortunati tornarono e raccontarono ai familiari l’incredibile, drammatica ed esaltante avventura della Liberazione.
Tanti altri non tornarono e a noi tocca il dovere della Memoria, l’obbligo di non dimenticare.
Tra gli altri, Graziella Giuffrida, volontaria nelle Squadre di Azione Partigiana.
Era nata a Catania, a S. Cristoforo, nel 1924; appena ventenne emigrò al nord a fare la “maestrina” dalle parti di Genova.
La primavera del 1945 era appena cominciata, ma per Graziella il 24 marzo sarebbe stato l’ultimo giorno e non solo di primavera.
Tutto accadde quasi per caso: per caso lei prese quel tram, per caso su quel tram c’erano dei tedeschi. Lei bella e giovane, loro stronzi e basta cominciarono ad importunarla e lei reagì e loro, stronzi e vigliacchi, le misero le mani addosso e addosso le trovarono una pistola.
Gli stronzi e vigliacchi l’arrestarono e la torturarono e la violentarono e poi gli stronzi e vigliacchi e, ora anche assassini, l’ammazzarono e la buttarono in un fosso.
Il suo corpo e quello di altri quattro giovani partigiani furono ritrovati a Fegino, in val Polcevera, qualche giorno dopo la Liberazione.
Anche suo fratello Salvatore fu preso ed ammazzato dai tedeschi e a Catania, a casa rimase la madre che, avendo saputo della tragica fine di Graziella e Salvatore, impazzì dal dolore.
Sul fronte di una casa da molti anni ormai senza vita, tra via Bellia e piazza Machiavelli, resta una lapide “Alla libertà e alla patria offrì la giovane esistenza nella guerra di Liberazione”. Vorrei sapere come e perché i nostri Amministratori ancora non abbiano pensato d’intitolare a Graziella e Salvatore Giuffrida una via o una piazza. Risulta dalla testimonianza di Domenico Stimolo che nel gennaio 2003 furono consegnate all’Amministrazione comunale 5000 firma per intitolare tre vie a tre martiri della Resistenza, tra cui Graziella Giuffrida. E allora?