Schegge di storia catanese – Le battaglie di Catania

 

a cura di Elio Camilleri

Prima: fu occupata dai cartaginesi nel 396 a.C. e l’anno dopo fu riconquistata dal tiranno di Siracusa Dionisio che approfittò della decimazione dei cartaginesi causata dal colera.

Seconda: occupata verso il 900 dagli Arabi che le cambiarono pure il nome, chiamandola Balad-el-fil secondo il geografo Idrisi o Medina-al-fil secondo Al Mukkadasi.

Terza: nel 1071 il normanno Roberto il Guiscardo dopo appena quattro giorni di assedio conquistò la città, dando inizio alla dominazione normanna.

Quarta: nel 1194 Enrico VI distrusse la città volendosi vendicare dell’appoggio che Catania aveva offerto a Tancredi e a Guglielmo III, eletti re dell’isola dal Parlamento siciliano.

Quinta: fu una battaglia navale, detta dell’Ognina in cui si scontrarono cinque navi aragonesi e cinque angioine: la vittoria fu degli aragonesi che cacciarono gli angioini dalla Sicilia. Era il 1637.

Sesta: il 6 aprile 1848 le truppe borboniche guidate dal gen. Filangieri misero a ferro e fuoco la città per ristabilire ordine e ubbidienza ai Borbone contro i quali i siciliani avevano eletto loro re Alberto Amedeo di Savoia, secondogenito di Carlo Alberto.

Settima: 31 maggio 1860. Garibaldi era già sbarcato in Sicilia e Catania insorse cacciando i borbonici. Rimase famoso il contributo di “Peppa la cannoniera” che, impadronitasi di un cannone, lo puntò contro i nemici come si racconta in una “scheggia” a lei dedicata.

Ottava: si svolse nella “piana di Catania” tra il luglio e l’agosto 1943 e si concluse con l’entrata in città, distrutta dai bombardamenti, del maresciallo Montgomery il 5 agosto.

Nona: è tuttora in corso ed è una battaglia tra le più dure; si combatte contro la mafia ed il malaffare, contro la corruzione ed il clientelismo, contro il degrado ambientale ed edilizio, contro l’ignoranza ed il disinteresse.

C’è un sacco di gente che resiste e che lotta, che non si arrende e che vuole fortemente buttare a mare corrotti e collusi, faccendieri e ruffiani, “cosi fitusi” e “quaquaraqua” e ce la farà.