di Elio Camilleri
Aveva sessant’anni e non stava poi tanto male. Certamente mostrava qualche segno di malessere, qualche reumatismo a causa dell’umidità e qualche contusione a causa dei numerosi urti che aveva dovuto subire.
Non era stato curato adeguatamente, anzi, diciamo pure, che era stato abbondantemente trascurato, ma i catanesi lo hanno sempre voluto bene e gli passavano sopra o sotto sapendo che lui era lì per rendere loro più agevole e veloce (si fa per dire!) il viaggio per andare in centro o per lasciare il centro e andare su, verso la Montagna.
Poi venne fuori una legge che, nella previsione di un terremoto, lo considerava molto pericoloso e allora fu l’inizio della sua fine, l’inizio della sua agonia: il ponte doveva essere abbattuto e, al suo posto, doveva essere disegnata una maestosa rotonda tutta sullo stesso livello.
Poi non si capisce come e perché tra i due obelischi e San Paolo è stato costruito un mega ponte svincolo pur sapendo che trattasi anche quella di zona sismica …
In ogni caso il ponte da demolire alla fine della via Etnea ed esattamente nel “tondo” omonimo non si chiama “Gioieni” come lo hanno da sempre chiamato i catanesi, ma Gioeni.
Gioeni è il nome di una “famiglia discendente dalla dinastia reale d’Angiò, il loro capostipite fu un Enrico o Arrigo d’Angiò consanguineo del re Carlo I d’Angiò, il quale uccise in battaglia re Manfredi di Sicilia, ed ebbe da Carlo d’Angiò in moglie la figlia di Manfredi, Beatrice, con in dote le terre siciliane di Fiume di Nisi, Calatabiano, Noara e Motta Camastra. A causa dell’odio che provavano le famiglie siciliane per gli Angioini cambiarono il cognome in Gioeni, e cambiarono anche il blasone.
La famiglia si stanziò in Sicilia a seguito dei vespri, godette di nobiltà in Palermo e Catania ed ebbe la signoria di 16 feudi, 4 ducati e 5 principati”.