di Mara Trovato
La storia dell’Islam in Italia inizia nel IX secolo e parte proprio dalla Sicilia.
È a Catania che nel 1980 si inaugura la prima moschea italiana poi in seguito abbandonata, per arrivare al 15 dicembre 2012, data in cui viene inaugurata la più grande nel sud Italia, la “moschea della Misericordia”.
Cosa rappresenti per i fedeli la possibilità di riunirsi in un luogo familiare, un luogo che sia accogliente e sicuro, è facile da immaginare.
Oggi più di ieri l’Islam, grazie ad una maggiore facilità di migrazione per i più abbienti, ma purtroppo spesso difficoltosa e mortale per i meno (come per chi attraversa il canale di Sicilia in un barcone), si pone in uno spazio territoriale che è multiplo e non delimitato ai paesi d’origine.
Per fare in modo che il musulmano non si ritrovi privato di un solido legame tra la sua religione e la società che lo circonda, bisogna che l’Italia dia voce alla sua vera natura costituzionale: la laicità. Nessuno insegna a ricambiare il saluto islamico di un bambino musulmano, ma il bambino musulmano impara da subito cos’è il segno della croce.
Se “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume (art. 19 della Costituzione)”, perchè in Italia ci si oppone con fervore e puntualmente alla costruzione di moschee come luoghi di culto? Per ignoranza? Paura dettata dai media che propongono slogan divisori ed intimidatori come “Moschea e Terrorismo”, “Islam e Kamikaze”?
Basterebbe abbandonarli questi slogan per scoprire invece che esiste una “normalità” musulmana. E questa normalità l’hanno voluta raccontare un gruppo di fotografi catanesi, il Collettivo Scatto Sociale, alla loro prima mostra “ISLAM: Viaggio all’interno della moschea di Catania”. La scelta del luogo come prima presentazione al pubblico è stata il GAPA, associazione che dal 1988 è socialmente attiva nel quartiere popolare di S.Cristoforo. Qui è dove il gruppo ha partecipato al primo Corso di Fotografia Sociale e Giornalistica organizzato dalle redazioni de “I Siciliani giovani” ed “I Cordai”. Ed è al GAPA, oltre che in altre associazioni, che il Collettivo è impegnato in attività di volontariato.
All’inaugurazione eravamo in tanti ma particolarmente attesa e gradita è stata la partecipazione della comunità musulmana felice di riconoscersi protagonista indiscussa nelle foto presentate all’evento. Durante il suo intervento l’ Imam della comunità etnea Keith Abdelhafid, attorniato dall’entusiasmo dei membri del Collettivo e di fronte ad una platea in ascolto, ha ribadito che la Moschea è un luogo di incontro e di preghiera, dove tutti sono benvenuti.
Catania è una città che accoglie, ma il cammino dell’integrazione è lungo ed è un percorso da fare insieme. Solo quando individui di cultura diversa riescono a interagire abbattendo stereotipi e barriere culturali tale cammino può considerarsi ultimato.
L’Imam durante il suo intervento ha rilevato che “Sono più le cose che ci uniscono che quelle che ci dividono”. Riconoscerle e dargli vita renderebbe questo processo d’integrazione molto più semplice e naturale.