Turista “NON” per caso

A Catania i turisti “responsabili” vogliono conoscere i quartieri popolari

Marcella Giammusso

La visita nella nostra città di una persona che vive in una regione del Centro-Nord con realtà economiche, sociali e culturali diverse dalle nostre, spesso può servire da stimolo e  riflessione su situazioni, problematiche e disagi dei nostri quartieri popolari, che spesso sono dovuti all’abbandono da parte delle istituzioni.

Questa è la testimonianza di una donna che quest’estate è venuta in Sicilia per un giro turistico e che oltre alla consueta visita ai monumenti e luoghi tipici ha voluto conoscere i nostri quartieri popolari per comprendere meglio le realtà di questi  luoghi, dando prova di grande sensibilità.

Dietro  la spinta dell’emotività ha voluto raccontare le proprie impressioni  e le proprie emozioni su ciò che ha visto.

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Faccio l’assistente sociale in un comune delle marche ed ho deciso di trascorre le mie ferie estive con una famiglia di amici e mio figlio di 12 anni in Sicilia.

piazze-san-cristoforo-DSC_8388Abbiamo iniziato la conoscenza di questa regione da Catania, guidati da Paolo e Marcella. Avevo deciso di far toccare con mano a mio figlio con quale difficoltà  crescono alcuni ragazzi dei quartieri popolari di Catania abbandonati dalle istituzioni. Di questa coppia conoscevo l’impegno ma, solamente il mattino in cui ci siamo recati al GAPA, nel quartiere San Cristoforo, ho capito che avevo a che fare con delle persone impegnate realmente nel quartiere. La conferma di ciò mi è arrivata da una finestra vicina al centro di aggregazione. Una bambina, affacciata dal terrazzino della sua casa, in un ambiente grigio dai vetri rotti e alla presenza del suo fratellino che teneva un tozzo di pane, ha gridato con aria festosa “Marcellaaaaaa”. Nello scambio di saluti tra Marcella e la piccola ho sentito la forza della cura, dell’attenzione e la gioia. Difficile spiegarlo. L’ho sentito. Le persone del quartiere che  frequentano l’associazione sono chiamate per nome, hanno la loro storia e non sono guardati come “carne da macello” (spiegherò dopo l’uso di questo termine).

I numerosissimi  volontari  affiancano-avvicinano-stimolano-accolgono ma non sostituiscono. Non temono. Piedi affondati nella realtà, braccia aperte e mente che tiene fermi ideali e passione. Una vera missione in una zona dove tutto sembra più grande di loro: le vendette, i traffici, i furti, la violenza e la miseria. Con tante gocce si scava la lava e si gode dello spettacolo dell’Alcantara, il terremoto distrugge la città che poi rinasce nel trionfo del barocco. Ho visto a San Cristoforo: rovistare tra i rifiuti di rifiuti, fumare ragazzi piccoli, facce senza denti e macchine senza parafanghi, deturpare  i beni pubblici (tombini, giardini ecc.). E mio figlio sentirlo dire: basta mamma, andiamo via di qua! Ma ho visto anche una palestra attrezzata, corsi, biblioteca, sostegno tra le persone che riescono ad essere solidali anche quando hanno poco. Come può intervenire il Comune in tutto ciò? Solamente andando a braccetto con chi il quartiere, come il Gapa, lo vive, lo respira e conosce i nomi e la storia di chi lo abita e non ha senso dedicarsi esclusivamente (a patto che ci siano le risorse per farlo) a singole situazioni. Non ci si può abituare, rassegnare, lasciar andare, abbassare la soglia del rispetto, del decoro.

piazze-san-cristoforo-DSC_8521Tornata al lavoro, ho parlato con un signore che sto aiutando e che è originario di Catania (con diversi reati alle spalle). Ho raccontato le mie impressioni e mi è sembrato di capirlo di più. Mi ha detto qualche parola… “chi vive lì non sa che sei carne da macello e che non sarai mai libero”.  Prima sei nelle mani  della malavita e poi della giustizia che non ti molla più. Per cui ragazzi…quando potete scegliere…mettetevi in buone mani. Nelle mani di  coloro che tengono alla vostra libertà e diffondete la vostra esperienza.

Francesca Morosini