di Giovanni Caruso
“Signora Pina, unni a statu?”
“Fui a fera o luni, ciccava un paru di scappi, ma c’erunu cetti prezzi! Poi passannu da piazza domu, c’era buddellu! Un saccu di genti. Dicevunu ca u comuni non avi chiù soddi. Insomma, falliu!”.
Questo fantasioso dialogo non è lontano dalla realtà. Infatti, è argomento di questi giorni la notizia che la Corte dei Conti abbia respinto il ricorso del Comune di Catania che avrebbe voluto evitare il dissesto economico finanziario. Insomma: il Comune è fallito davvero. Che ciò accada per un’azienda o un esercizio commerciale, potrebbe essere normale. Ma stiamo parlando delle finanze di un Comune, il nono per importanza tra le città italiane.
Questa storia si strascina da venti anni. Di chi è la colpa? Senza andare troppo lontano nel passato, le cause del dissesto sono delle giunte di centrosinistra e centrodestra, cioè da Enzo Bianco a Scapagnini, da Stancanelli sino all’ultima giunta Bianco. Né tantomeno il neosindaco, Salvo Pogliese, può dire che il fallimento di Catania è colpa delle precedenti giunte, visto che il suo partito ha governato ed è stato complice delle amministrazioni passate.
Nei quartieri popolari, del centro storico e delle periferie, il dissesto economico, sociale e culturale, c’è sempre stato. Le cause sempre le stesse: abbandono, degrado, disoccupazione e povertà. Tutte cose che hanno favorito la mafia e il suo governo. Mafia che non conosce dissesto né fallimento, anzi è un’azienda sempre florida che si arricchisce sulle disgrazie degli uomini, donne e minori, costretti a subire per disperazione la violenza oppressiva dei clan, con la complicità dei politici che hanno governato e che hanno usato i quartieri come serbatoi di voti ad ogni tornata elettorale.
Quello che accadrà adesso e nei prossimi mesi e anni sarà un disastro: stipendi dei lavoratori comunali e delle cooperative sociali non saranno pagati, i servizi sociali – come asili nido e scuole -, ma anche la raccolta dei rifiuti, l’acqua e perfino l’erogazione dell’energia elettrica diventeranno un grosso problema! Che peserà sulle spalle e tasche di noi cittadini e cittadine, che ci ritroveremo a pagare un debito contratto dagli ultimi governi, che per affermare la loro forza di partiti hanno favorito i comitati dei cavalieri del lavoro, come Ciancio, Costanzo e Virlinzi. O ancora hanno distribuito consulenze agli amici degli amici, con stipendi di centinaia di migliaia di euro. Per non parlare delle iniziative inutili e costose che sono servite per dimostrare la gloria del sindaco di turno.
E i sindacati confederali della nostra Catania, che dicono? Nulla! Anzi, manifestano accanto ai padroni della città, ai politici di ogni colore e ai collusi con la mafia, in via Etnea, per fare pressione al governo centrale per ottenere una misera elemosina che faccia andare avanti l’amministrazione per qualche mese, per poi ricadere nel baratro del fallimento.
Ma una cosa va detta. Anche noi cittadini e cittadine, noi società civile, movimenti sociali e politici, abbiamo le nostre responsabilità. Da anni sappiamo che il dissesto era sempre li in agguato, ma non abbiamo fatto granché, eravamo troppo impegnati a litigare e restare disuniti. Adesso… i buoi sono scappati dalla stalla! Infine c’è qualcosa che possiamo ancora fare? Sì. Ribellarci. Protestare. Andare in ogni quartiere, quelli dei poveri Cristi, a spiegare cosa sta accadendo e cosa accadrà. A spiegare che i debiti delle amministrazioni non li abbiamo fatti noi e quindi non li pagheremo!